"Questo pezzo racconta due storie. La prima è quella dell'eccidio di Borgo Pignatta del 23 dicembre 1945. I tedeschi fecero saltare una casa provocando 28 morti, in una lingua di terra chiamata "la terra di nessuno", sotto il fiume Senio - "di nessuno" perchè non ancora conquistata dagli alleati e abbandonata dai tedeschi in fuga. Una strage senza senso che ha eclissato famiglie intere, i morti avevano dai 3 mesi ai 93 anni. Di fronte a tanto male da perdere il fiato, cosa può fare la musica? Forse solo ricordare. La seconda storia è la mia, fatta di nomi, scelte, sbagli. Il 25 aprile è la festa della liberazione dalla follia e dal male, è la festa di chi rimane di chi "c'è" con tutto se stesso ora e in questo momento, è la festa di chi non può più esserci, ma con quell'assenza parla fortissimo. La festa di chi ha voglia di ricordare i vivi e i morti". (Lanfranco "Moder" Vicari)
LA TERRA DI NESSUNO
Qui non c’è guerra, è la terra di nessuno…
Vieni in casa e chiudi la finestra,
non lo vedi che si gela? Là fuori c’è tempesta
che Luigi è piccolino e abbiamo solo una coperta
che qui è quasi Natale, io vorrei andare a messa
che a stare fermi qua poi la noia ti accarezza.
Venera dà nomi nuovi e vecchie bambole di pezza
Fuori sputano granate e poi danno l’allerta
C’hanno detto “finirà e dopo si farà festa”.
La paura vien di notte noi aspettiamo che ci prenda
Stanno ferme anche le foglie ad insegnarmi la pazienza
Non riesco a respirare, qua dentro l’aria invecchia
Tutto fermo tranne il fiume, sta facendo una staffetta
Che si fa si aspetta? Le speranze vanno in bicicletta
Che ci sta ingoiando questa lingua di terra.
Nonna vive nel passato, aggrappata a quel rosario
E por Mauro e por Claudio e por Silvano prega piano, prega piano
Quei santini nascosti nell’armadio
Non dirlo col nonno di sicuro litighiamo
Nonna, non preoccuparti se stanotte mi allontano
Vado a salutare il fiume, al massimo mi impantano.
Nonno bestemmia Dio, però prega Marx
“Apen fnès e schif, l’ariva la libertà”
Da un po’ beve e parla da solo tutta la notte
Se qualcuno dice “Duce” sputa a terra quattro volte.
Raccogli i fili d’erba poi mettili al sicuro
poi strappa ogni certezza e batti sul tamburo.
Il fiume ci accarezza, pare piombo fuso
qui non c’è guerra, è la terra di nessuno.
Adoravo le divise, le mostrine, i generali,
le carabine, i cannoni, le pistole, i carro armati
coi fucili di legno mimavano gli spari
e chi lo avrebbe detto, ci avrebbero circondati
poi mangiamo poco, siamo in troppi qui ammassati
le urla dei bambini, i discorsi degli anziani
le donne metton toppe sui pantaloni bucati
gli uomini parlano poco, stanno defilati
il nonno parla lì a sedere non credere alle bandiere
perché i veri eroi sanno far crescere le mele
che prima di parlare devi imparare a vedere
che a volte i segreti sono impigliati nelle ragnatele.
Io chiudo gli occhi, vedo in bianco e nero
agli altri bambini racconto storie di guerra e mistero
“Attento alle storie, lì sparano sul serio!”.
Voglio ammazzare il tempo, ucciderlo per davvero.
E quando passa il nero avrò le esche in tasca
un bastone per catturare le bisce d’acqua
un retino per le rane, le zanzare sulla faccia,
una zattera sul fiume da una sponda a un’altra
Raccogli i fili d’erba poi mettili al sicuro
poi strappa ogni certezza e batti sul tamburo.
Il fiume ci accarezza, pare piombo fuso
qui non c’è guerra, è la terra di nessuno.
Sai, volavamo in aria come gli aeroplani
le stelle eran vicine, quasi le toccavi,
poi cadevamo a terra come dei regali
come le caramelle degli americani.
E qualcuno è a terra, qualcun altro grida
tu trattieni il fiato che finisce prima.
E qualcuno è a terra, qualcun altro grida
tu trattieni il fiato che finisce prima.
Raccogli i fili d’erba poi mettili al sicuro
poi strappa ogni certezza e batti sul tamburo.
Il fiume ci accarezza, pare piombo fuso
qui non c’è guerra, è la terra di nessuno.